Ciclo Antonin Artaud, Teatro Danza alla rovescia by Claudio Elli • puntoelineamagazine.it •  aprile 24, 2014  

                        

Quando si parla di Théâtre de la cruauté ci si deve immedesimare in una cosmologia teatrale dove l’attore si annienta, finché la sua corporalità raggiunge direttamente il mito, nel corso di una trasmutazione alchemica in cui il soggetto non è più interpretato, ma mediaticamente vissuto. Il raggiungimento dell’obiettivo è dato dalla disgregazione del corpo, ovvero dalla consapevolezza che ragione e spiritualità possono convivere nelle nervatura di una fisicità coerente che non conosce la dittatura di alcun dio presunto o fittizio inventato dalla società. Danza alla rovescia è appunto questo, un inno alla filosofia di Antonin Artaud o, meglio, lo studio di una sua realizzazione semantica. Claudia Franceschetti presta la propria presenza fisica al fine di questo raggiungimento, nel quadro di un’oscillazione che pone la carne dentro e fuori l’illusione fisiologica e la ricolloca quale verità primordiale mutata negli ultimi quattromila anni. La sua non è semplice interpretazione, ci si aspetta che da un momento all’altro il suo corpo si decomponga per ricostruirsi in una umanità ormai dimenticata, simile a quella di un albero, senza quelle impellenze che ne limitano la levatura spirituale e poetica. Poiché, infatti, il corpo del presente è assente di anima, di spirito, di cervello, e il pensiero che lo condiziona è il frutto di un plagio multi generazionale che uccide la verità di una mitografia rinnegata e tradita. Un letto, uno sgabello, otto cinghie elastiche appese sono gli strumenti utilizzati per compiere la danza rovesciata, dove il movimento non genera alcuna levatura spirituale del corpo, ma la ricerca di una nuova fisicità ancora inespressa. In un secchio è contenuto il liquido amniotico dell’umanità adulterata, il pozzo escatologico che si frappone, quale interfaccia, fra ciò che è dentro il corpo e ciò che vi risiede fuori, o che viene rigettato. Il monologo esplora la crudeltà quale mezzo per il ritrovamento di un’identità incontaminata, percorso che in fondo crea un fil rouge tra la ricerca espressiva di Rimbaud e i simbolisti, passando per la destrutturazione afasica prima futurista e poi dada, per finire nel movimento surrealista e il suo superamento, espresso dal pensiero artaudiano, che fece proprio dell’oscillazione e il moto del corpo, osservando la danza balinese, il punto di partenza per il compimento di una rivoluzione globale. Presupposto che lo spettacolo di Gaddo Bagnoli, generando uno shock interattivo tra interprete e pubblico, ha inteso riconsiderare, ai fini di un’alchimia dell’azione legata allo stato fisico. Giudizio: ***1/2  su ****