L’aut-out di Montisi Francesca Sacco, 02 settembre 2009
Un piccolo borgo medioevale del XII secolo nel sud della provincia di Siena si colora di arte ed il teatro invade con prepotenza tutti gli spazi possibili. La terza edizione dell’Aut- out Microfestival dei teatri Incondizionati si è svolta dal 27 al 30 agosto aprendosi alla scena teatrale contemporanea.
Montisi è zona di confine. Si erge su una cresta di colline facendosi spartiacque tra l’argilla delle Crete senesi e i campi coltivati con cura e precisione della Val di Chiana, che suo tempore, tolsero il fiato persino a Goethe. Un luogo d’incanto il cui nome risuona ancora del fascino dei suoi presunti fondatori, gli Etruschi e del tempio da loro dedicato alla dea Isis.
Dal nucleo vitale dell’evento, il microscopico Teatro della Grancia -uno dei più piccoli in Italia e destinato in passato alla custodia del grano- si diramano una serie di “palcoscenici” alternativi creando una sorta di reticolo che lega il paese e le fattorie limitrofe, ospiti degli eventi.
Proprio alla chiusura del festival, il 30 agosto, la Fattoria il Picciolo, a pochi passi dal borgo, è sede suggestiva dello spettacolo di Giles Smith dell’Associazione Culturale J33tre. Anzi, “prova aperta del Laboratorio Teatrale che si è svolto in questi giorni”, come ci tiene a specificare il regista. Atmosfera idilliaca da Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, un bosco illuminato da candele e luci tenui (oltre che dal sole che sta tramontando), un sottofondo di musica orientale: la magia prende forma. Il gruppo di attrici e attori (un solo uomo, per la verità) seguendo le dolci indicazioni di Mister Smith si tramutano in uccelli, eleganti volatili in cerca del proprio re, saltellanti animali che si scoprono l’un l’altro. Prendendo spunto dalla Conferenza degli Uccelli di Farid-ud-Din, poema persiano trecentesco -allestito nel 1979 persino da Peter Brook- il regista inglese insegna a liberare l’immaginazione (L’immaginazione in volo il titolo del laboratorio) attraverso esercizi fisici ripetuti sul prato del Picciolo, sotto le stelle. La fatica degli attori, che pure è palesata dal sudore che scorre sui volti, si nasconde dietro la grazia dei loro movimenti ipnotici e la gentilezza delle loro azioni.
Ma ormai è buio, il teatro si sposta in paese per un altro spettacolo.
Abbandoniamo il locus amoenus guardandoci un po’ indietro per quella sensazione di pace provata, ma già proiettati verso il teatro della Grancia per lo spregiudicato spettacolo delle Scimmie Nude. E, infatti, senza deludere le aspettative, Pauraedesiderio conquista il pubblico.
Paura come quando siamo legati, imprigionati e dominati dagli eventi e dalla società. Desiderio come quando vogliamo conquistare tutto e tutti. Paura come prigionia. Desiderio come affermazione di sé. Le due cose si rincorrono, come i tre attori sul palco (eccezionali Claudia Franceschetti, Andrea Magnelli e Marco Olivieri). Tre macchie colorate di giallo, blu e rosso come tre colori primari indispensabili per formare tutti gli altri e per questo vivi in tutti loro. Come gli istinti che governano l’essere umano.
L’indissolubile catena che tiene in piedi lo spettacolo mostra il passaggio, sempre costante, da schiavo a padrone, da dominato a dominatore, da cui nessuno può sfuggire. Che si parli di amanti, amici, genitori o figli, la sete di potere non sembra arrestarsi. E lo dimostra la scena iniziale, con la donna in rosso che dapprima legata, imbavagliata ed impaurita, prenderà poi il sopravvento sui suoi torturatori con cinico piacere e irresistibile bramosia. Un occhio particolare sembra soffermarsi sulla situazione familiare, indagando il rapporto genitori-figli. I primi, sempre più incapaci di gestire le proprie responsabilità, mortificano i secondi che da vittime spaurite e fragili, si ergono vendicatori di sé stessi. E immaginandosi nelle vesti di Goku del cartone “Dragonball” intento a lanciare una potente “onda energetica”, fanno fuori, indistintamente ed una volta per tutte, madri e padri. Seccano con colpi di karate coloro che hanno donato loro la vita. Storia già troppo spesso risentita.
Come un abile psicologo, il regista Gaddo Bagnoli si addentra negli scomparti più sordidi, e per questo più sinceri, della psiche umana, stillandone con crudeltà degna di Artaud le paure e i desideri che la governano e mostrandone l’atroce alternanza dei due. La spietata coesistenza dei due. Tanto da scriverli attaccati, uno di seguito all’altro senza spazi, PAURAEDESIDERIO |